Ecco perché il PD non dovrebbe fare l’accordo coi 5 Stelle

Sei buoni motivi per i quali il PD non dovrebbe fare l’accordo con i 5 Stelle.

Il nuovo giro di consultazioni, portato avanti dal Presidente della Camera Fico, ha il mandato espresso di valutare la fattibilità di una alleanza di governo fra 5 Stelle e Partito Democratico.

Il tutto nasce, come dovrebbe essere noto (anche se spesso viene omesso nel commento) dopo il fallimento di un analogo tentativo posto in essere dalla Presidente del Senato Casellati per un accordo fra 5 Stelle e centrodestra, affondato miseramente dopo aver urtato l’icebrg di Arcore.

La cosa che più sorprende di questo secondo tentativo è la spinta, anche mediatica, che una buona fetta di commentatori cercano di dare alla riuscita dell’accordo. Sentendo parlare un Travaglio a caso in questi giorni pare quasi che il Governo 5 Stelle/PD sia l’unica soluzione auspicabile, ed anzi quella predestinata fin dall’inizio (e già il fatto che l’idea piaccia a Travaglio dovrebbe far nascere qualche sospetto nella dirigenza PD…)

Ci sono però numerosi motivi per i quali il PD non dovrebbe fare questo accordo:

  • Primo fra tutti (e più evidente) l’estrema incompatibilità delle 2 forze politiche.

5 Stelle e Partito Democratico non hanno niente -veramente niente! (e non so come sottolineare la cosa a sufficienza) in comune. I 5 Stelle nascono anzi come forza alternativa proprio al PD, che definiscono in più occasioni come “il male assoluto” (qualcuno ricorda la raffigurazione a piovra a “piovra” che del PD veniva fatta..o le frasi di Di Battista secondo cui “non esiste un PD buono ed uno cattivo, se sei del PD, sei parte del PD e sei parte di un sistema pericoloso che ha impoverito questo Paese”).

Non si tratta solamente di non fare un accordo per via  degli insulti diretti ricevuti (che comunque se permettete un peso lo hanno…via, non puoi umanamente fare un accordo convinto con chi ti definisce “un cancro della democrazia da estirpare”); il punto soprattutto è la distanza siderale nei programmi e nelle idee. Non importa quanta mediazione può essere fatta per inibire i programmi dell’uno e dell’altro e arrivare ad una sorta di compatibilità, un Governo 5 Stelle/PD non potrebbe che essere percepito come l’espressione massima dell’incoerenza.

  • Secondo, e direttamente discendente dal punto precedente, l’effetto sugli elettorati di entrambe le forze politiche.

C’è una quota di elettorato che è talmente fidelizzata da seguire e giustificare ogni scelta politica. In questo l’elettorato pentastellato è certamente quello che ha una quota maggiore di fedelissimi.

Per il resto degli elettori però (e per il PD stiamo parlando credo della maggior parte di quelli rimasti) un accordo di Governo con i 5 Stelle sarebbe del tutto indigeribile. Prima ancora dei parititi, sono proprio gli elettorati ad essere incompatibili: chi ha votato PD alle ultime elezioni, nonostatnte tutto, ha votato una forza che si poneva come completa antitesi dei 5 Stelle. Dopo un Governo assieme a loro, sarebbe veramente dura richiedere il voto a queste persone. Del resto chi ha già spostato il proprio voto dai democratici ai 5 Stelle, non tornerebbe di certo indietro per un appoggio ad un Governo comune. Un bell’accordo a perdere quindi.

  • Governo per fare cosa? 

Anche fosse, cosa dovrebbe o potrebbe fare un Governo simile? Difficile poter contare su una coerenza programmatica dei 5 Stelle che, nell’ultimo periodo hanno gia rivoluzionato gran parte del loro programma. Un Governo per fare il reddito di cittadinanza? per tenere quale posizione sull’europa? e sulle questioni del Mediterraneo centrale? Mediaticamente passerebbe esclusivamente per un Governo per “tirare a campare e non tirare le cuoia”.

Il master message che dal lato 5 Stelle stanno cercando di far passare è “non una alleanza (non sia mai…), ma un contratto su punti di programma.

La domanda è, come possono esistere punti di programma significativi e compatibili fra due forze che si snono sempre dichiarate antitetiche?

Lo scenario più probabile sarebbe quello di un Governo estremamente litigioso e, con tutta probabilità, di breve durata, pagato con un bagno di sangue elettorale alle prossime elezioni.

  • Sarebbe un suicidio politico

Facile da immaginare l’effetto di un accordo del genere: 5 Stelle e PD formano un Governo ingestibile e di scarsissimi risultati, lasciando il centrodestra (unito e già forte) indisturbato a sguazzare in una opposizione facile e distruttiva di cui già intravediamo le linee guida: “..il governo dei secondi e dei terzi..” , “l’ennesimo complotto per stravolgere la volontà popolare” ecc.

In effetti non sarebbe poi difficile far passare il messaggio che il PD si alleerebbe con chiunque pur di non perdere i posti di potere o di andare alle elezioni.

Risultato, alle prossime elezioni il centrodestra ancora unito stravince da solo.

  • L’idea di trattare per far emergere le contraddizioni dei 5 Stelle è una boiata.

Una posizione che qualche esponente del PD sta tenendo è quella di portare avanti una trattativa che faccia emergere le incoerenze intrinseche dei 5 Stelle.

Ora, l’idea sarebbe quella che un Partito con profonde discussioni interne, già provato da recenti spaccature e con una dialettica interna estremamente sviluppata (anche troppo forse), porti in contraddizione e quindi a delle spaccature, un movimento monodiretto, senza alcuna dialettica di partito e in cui esponenti e militanti non hanno praticamente battuto ciglio ai continui cambi di posizione di fatto su ogni aspetto del programma. Questa cosa sembra un po come voler piegare un coltello caldo con un panetto di burro e, ad occhio e croce, l’unico dei due che ne uscirà dilanianto sarà proprio il PD. Se i dirigenti del PD non riescono a capire questo, allora il PD ha un problema più grosso della mera emorragia di voti, che ha a che fare con la preparazione e la capacità di avere una visione politica della propria classe dirigente.

Salvini, lui si a capo di una coalizione con enormi contraddizioni interne, ringrazia sentitamente.

  • Perché Alfano e Verdini si e i 5 Stelle no?

La differenza fra le due situazioni è evidente: Alfano e Verdini erano (e poi nei fatti si sono dimostrati) referenti esclusivamente parlamentari, senza un vero e proprio elettorato a cui rendere conto. Tant’ è che hanno votato provvedimenti molto distanti dal loro orizzonte politico (vedasi ad esempio legge sul fine vita o sulle coppie di fatto…).

In quel caso peraltro, l’appoggio nasce, per riduzione, da un appoggio ancora più ampio nato dopo la caduta del Governo Berlusconi, al cd Governo tecnico di Monti, poi trascinatasi dopo le elezioni del 2013.

Con i 5 Stelle ormai si sono instaurate delle dinamiche talmente divergenti che, probabilmente, sarebbe più verosimile un Groverno di coalizione Israele/Palestina.

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