DI ALBERTO EVANGELISTI
Ieri, 26 luglio, è stato un giorno che in Facebook non avevano mai vissuto, caratterizzato da due eventi principali: la comunicazione dei risultati relativi al trimestre e la più importante flessione del titolo da che l’azienda è stata quotata nei listini di Wall Street dove, in un’unica sessione di mercato, il titolo ha ceduto quasi il 20%.
I dati comunicati, considerati da un punto di vista meramente numerico, sono positivi: 5,1 miliardi di dollari di utili (+31%) e ricavi in crescita 42% a 13,23 miliardi, leggermente sotto i 13,25 miliardi attesi da Wall Street. Evidentemente però non sono stati ritenuti sufficienti dagli investitori che, già all’apertura del mercato hanno pesantemente penalizzato la quotazione del titolo.
Ciò che spaventa i mercati con riguardo al più famoso e diffuso dei social network è il trend che mostra un livello di crescita in diminuzione, con la concreta prospettiva che l’accelerazione degli utili continui ad avere una marcia di arresto anche per i prossimi trimestri.
Il dato che preoccupa maggiormente è infatti quello del numero degli iscritti che, a fine giugno si sono assestati a quota 2,23 miliardi, contro una stima di 2,25 miliardi, con livelli di crescita stazionari in Nord America e in flessione in Europa. La paura di una possibile disaffezione degli utenti per il social è proprio l’elemento più significativo a base della débâcle in borsa: il valore di Facebook è strettamente legato al numero dei propri iscritti e al controllo che la piattaforma ha sui dati personali dell’utenza. Questi, tramite i programmi di analisi ed indicizzazione, permettono come mai in precedenza, una personalizzazione dei contenuti, anche e soprattutto di natura commerciale, che costituiscono il vero asset aziendale. Una crescita sempre meno ripida dell’utenza diviene così il segnale d’allarme per gli investitori che vedono in prospettiva una diminuzione degli utili aziendali.
La caduta di ieri va quindi collegata al difficile momento che l’azienda di Zuckerberg sta attraversando, impegnata nel difficile compito di raggiungere un equilibrio fra le sempre maggiori spinte verso la richiesta di tutela della privacy e dei dati degli utenti da un lato e l’esigenza di ottenere profitti, proprio attraverso l’utilizzo di quei dati.
La vicenda tuttavia esula dagli aspetti meramente speculativi e di investimento, per assumere un valore di rilevanza politica: si pensi a tal riguardo alla nota vicenda di Cambridge Analytica collegata alle accuse di ingerenza nelle elezioni americane e ai tentativi di regolamentazione, a cui stiamo assistendo nell’area UE, della materia informatica, prima fra tutti la neonata normativa sulla tutela della privacy.
Del resto il tema dell’informazione attraverso i social network è di stretta attualità anche nazionale: ultimo, solo in ordine di tempo, l’episodio di Francesca Totolo, dichiaratasi collaboratrice de Il Primato Nazionale e ritenuta l’autrice di numerose false notizie diffuse on line, proprio grazie a piattaforme come Facebook e Twitter.
L’evidente necessità di regolamentare l’utilizzo dei social, base delle azioni legislative avviate principalmente nel vecchio continente, oltre alla risonanza mediatica avuta dalle note vicende che hanno visto con preoccupazione la gestione della privacy degli utenti, è probabilmente una delle principali cause a cui imputare il rallentamento della crescita del numero di nuovi account e, conseguentemente, della caduta del prezzo delle azioni.
Non è tuttavia da sottovalutare la possibilità che, semplicemente, ci si stia avvicinando al livello di saturazione degli utenti, specialmente nei Paesi americani ed europei in cui per primi è iniziata la diffusione della piattaforma.
Mark Zuckerberg è intervenuto con un post in cui ha tentato di rassicurare i mercati, evidenziando il dato numerico rilevante della comunità di Facebook ed assicurando che lo Staff, nonostante il molto lavoro ancora da fare, ha svolto una attività importante per garantire una migliore esperienza ed una sempre maggior incremento della protezione della privacy, dicendosi confidente che quanto fin qui effettuato serva a garantire che il servizio reso sia sempre migliore per ciascuno.
Tuttavia un crollo tanto significativo apre interrogativi rilevanti sul reale stato di salute del social. Ora sarà importante capire se e in che modo i correttivi apportati siano in grado di far superare alla società californiana questa bufera finanziaria e, soprattutto, quanto servano per riconquistare l’amore degli utenti, oppure se ci si trovi di fronte ad un problema strutturale che segnerà una inversione reale di tendenza stabile nei dati di crescita.
Del resto il cammino di Facebook era stato, fin qui, una marcia trionfale con pochissimi momenti di arresto, il principale dei quali, coinciso proprio con la vicenda Cambridge Analytica, era stato ampiamente superato, facendo toccare al prezzo dell’azione i massimi storici proprio nei giorni antecedenti alla caduta di ieri.
Le prossime sessioni di mercato saranno utili per capire se la flessione significativa di questi giorni verrà considerata dai principali investitori come un’ ottima occasione per comprare a “saldo” oppure se inizierà una speculazione al ribasso in grado di affossare ulteriormente il valore del titolo.
Si annuncia una estate particolarmente calda per gli investitori e, in questo caso, i picchi del meteo non c’entrano affatto.