Vivendo in un Paese dove tutto è sempre tragico, ma mai serio, dovremmo essere abituati all’ennesima polemica farsa nata dal nulla (o quasi) e montata ad arte da esponenti politici più adatti alle risse da bar che ai dibattiti. Il caso Pearl jam-Rita Pavone ne è l’ennesimo esempio.
L’antefatto: come certamente avrete letto, il 26 giugno scosrso i Pearl Jam hanno tenuto l’ultimo concerto delle loro date italiane allo Stadio Olimpico di Roma. In quella occasione, oltre ad aver criticato apertamente ciò che stava accadendo negli Stati Uniti, durante l’esecuzione di Imagine, famosissimo pezzo di John Lennon introdotto con un messaggio di pace e tolleranza universale lanciato da Eddie Vedder, è apparsa sui maxi schermi ai lati del pasco l’astag #apriteiporti, messaggio social in opposizione alla politica di chiusura dei porti italiani lanciata dal ministro Salvini.
Ora, per chiunque abbia un minimo di familiarità con la bad statunitense e conosca il costante impegno nelle questioni sociali, questa cosa non ha destato alcuna sorpresa.
Quella che invece, per prima, ha mostrato il proprio sdegno per l’intromissione nelle questioni nazionali da parte di Eddie e compagni è stata Rita Pavone (e già questo sarebbe sufficente a far capire il livello della questione). L’ex caschetto biondo infatti ha ritenuto di dover esternare a mezzo social l’inopportunità di quanto accaduto di fronte ai 50.000 dell’Olimpico.

Ora, qui non si tratta certamente di fare un confronto di valore artistico fra Rita e i Pearl Jam (aspetto che in maniera del tutto soggettiva relegherei all’equivalente di un duello fra Ronaldo ai mondiali e io il mercoledì sera a calcetto), nè di polemizzare sul fatto che Gianburrasca abbia da tempo trasferito in Svizzera la propria residenza, dove evidentemente la pappa al pomodoro la sanno fare meglio e dove ha dichiataro alla Tv Svizzera “Vivere qui mi ha dato grande serenità”…“in Svizzera ho capito davvero cosa significa integrazione”.
Non si tratta nemmeno di prendere posizione a favore o contro il meirito del messaggio lanciato, su cui ciascuno può liberamente farsi la propria idea.
Il punto è stabilire se un artista o chiunque abbia un certo seguito di pubblico possa o meno prendere posizioni che vadano al di la degli aspetti puramente artistici. Messa in questo modo sono abbastanza convinto che anche la Pavone avrebbe pochi dubbi in merito, se non altro perché, in coerenza con il messaggio che sta dando, lei per prima dovrebbe limitare notevolmente le proprie esternazioni.
Fin qui la cosa sarebbe poco più che una boutade, se non fosse che alcuni politici nostrani, irresistibilmente attratti dal fare un salto in ogni pozzaghera di fango che incontrano per la via (cosa per la quale non possiamo volergli male, in fondo è la loro natura), hanno ben pensato di cavalcare la vicenda per farne l’ennesimo caso su cui dividere l’opinione pubblica.
La prima è ovviamente stata Giorgia Meloni che, sempre via social, ha invitato i Pearl Jam a prendere i migranti e portarli al party vip a cui sarebbero stati per partecipare in Sardegna. Ovviamente poco importa se tutta la questione del menzionato party fosse una bufala, perché aspettarsi un minimo di fact checking da una politica che aspirerebbe semplicemente a presiedere il CoPaSiR.

Quindi è stata la volta di Matteo Salvini, ovviamente anche lui via social, ad elogiare la pavone meritevole di non inchinarsi al “pensiero unico”, che poi tanto unico non è visto il livello (formale) degli interventi contrari letti.

In fine, immancabile, decide di farsi sentire anche l’ex sindaco Alemanno, ancora forse alle prese con problemi di conversione dei millimetri di pioggia in neve, ha rilanciato un video in cui un palesemente finto Eddie Vedder chiederebbe scusa agli italiani per aver lanciato il messaggio, dicendo di essere stato costretto dal PD. Ovviamente il video è un falso, fatto ad aere da un soggetto, Gian Marco Saolini, che negli ultimi tempi era giunto agli onori delle cronache per altri video palesemente falsi riguardanti le ONG e Saviano, peraltro rassomigliante ad Eddie Vedder quanto io al Russel Crow del Gladiatore.
