IL PARLAMENTO EUROPEO CONGELA LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT

DI ALBERTO EVANGELISTI

In seduta plenaria, il 5 luglio, il Parlamento europeo ha respinto la nuova direttiva sul Copyright in calendario, posponendone di fatto la discussione finale a data da destinarsi e riaprendo la strada a modifiche, anche significative, al testo attuale.
La notizia potrebbe di per se sembrare meramente tecnica e di scarsa rilevanza, di quelle che difficilmente suscitano attenzione. In realtà dovrebbe interessare molto chiunque stia leggendo questo articolo e che, quindi, è solito informarsi in rete. Vediamo perché.
Negli anni, l’esplosione dell’uso di internet e da ultimo dei social network come mezzo di informazione ed intrattenimento, ha portato con sé l’inevitabile problema legato alla necessità di tutelare il copyright.
E’ facile intuire infatti che molti degli scritti, delle fotografie, dei video che quotidianamente vediamo, utilizziamo e condividiamo in rete, siano il prodotto dell’ingegno di qualcuno e che, per tale ragione, l’autore debba vedere tutelata la possibilità di sfruttarne i diritti.
Social come Facebook o piattaforme come Youtube, ormai regolarmente utilizzati da miliardi di persone nel mondo, fondano il proprio successo, anche commerciale, per l’appunto sull’utilizzo di contenuti che, per buona parte, sono riconducibili all’ambito del diritto d’autore.
Questa necessità, del tutto legittima, ha portato le istituzioni europee ad elaborare una direttiva che, sulla scia di quella recentemente emanata in ambito di tutela dei dati personali on line, fosse in grado di garantire adeguata protezione dalla illegittima diffusione di materiale coperto da copyright.
Tutto perfetto, se non fosse che, come spesso succede, il prodotto elaborato rischiava di essere una toppa notevolmente peggiore del buco, tanto da suscitare numerosissime critiche fra gli addetti ai lavori.
Uno dei punti più controversi della direttiva è quanto previsto all’art. 13, in cui si prevede che le piattaforme effettuino un controllo preventivo sui contenuti in esse diffusi dagli utenti, impedendo la pubblicazione di quelli potenzialmente lesivi del diritto d’autore.
Il primo aspetto delicato, deriva dalla circostanza che il filtro preventivo dovrebbe necessariamente essere automatico e basato su algoritmi che, opportunamente settati, potrebbero limitare la circolazione di fonti provenienti da soggetti predefiniti, costituendo di fatto un pericolo per la libertà e completezza dell’informazione presente on line.
A tal proposito, in una lettera aperta sottoscritta da 70 esperti di internet, si legge: “L’articolo 13 è un passo avanti senza precedenti nella trasformazione di Internet da un sistema aperto, per condividere e fare innovazione, a uno strumento per la sorveglianza e il controllo dei suoi utenti”.
Gli effetti problematici dell’art. 13 vanno poi letti in maniera combinata con quanto inserito nell’art. 11 della stessa direttiva, in cui si prevede che ogni stato membro debba assicurarsi che gli editori dei siti di notizie ricevano una “consona ed equa remunerazione” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”, quindi da parte delle piattaforme utilizzate dagli utenti.
Ad una prima lettura questo articolo sembrerebbe tutelare le testate che vengono diffuse principalmente on line. In realtà la norma rischia di produrre una ulteriore limitazione alla possibilità di diffondere notizie attraverso le piattaforme internet ed i social network.
Ciò in considerazione del fatto che, da un lato le grandi compagnie come Google o Facebook non intendono pagare diritti alle testate per permettere ai propri utenti di diffondere i link al proprio interno, dall’altro i mezzi di informazione stessi rischiano di veder notevolmente ridotta la propria diffusione in termini di visualizzazione di pagine, proprio per il venir meno delle condivisioni sulle piattaforme. Se si pensa che, ad oggi, le piattaforme come Facebook costituiscono il principale mezzo di diffusione delle notizie on line, si capisce la portata del problema.
La vicenda ha finito così per unire in un inusuale unico fronte di contrari, tanto i colossi commerciali di internet, quanto i convinti sostenitori della c.d. rete aperta.
Una delle manifestazioni che ha avuto maggior risalto contro l’approvazione della direttiva è stata quella di Wikipedia Italia: la famosa enciclopedia on line, da sempre bandiera della libera circolazione delle informazioni in rete, ha nei giorni scorsi oscurato le proprie pagine in lingua italiana, sostituendole con un messaggio in cui spiegava le ragioni della propria protesta ed invitava gli utenti a contattare i parlamentari europei per spingerli ad un voto contrario alla riforma.


Un voto positivo ieri da parte del Parlamento, avrebbe portato il provvedimento alla successiva fase, necessaria all’adozione, con il coinvolgimento della Commissione europea e del Consiglio europeo che, nelle previsioni avrebbe dovuto portare ad una conclusione dell’ iter entro la metà del 2019.
La bocciatura ottenuta , unita all’avvicinarsi delle prossime elezioni europee, previste per la primavera del 2019, ha di fatto fortemente posticipato la discussione e l’adozione, realisticamente a a data successiva all’insediamento del nuovo Parlamento.
Per quel momento sarà importante aver trovato una soluzione equilibrata, che riesca a tutelare efficacemente il diritto d’autore, senza che da ciò derivino concreti rischi di limitazioni alla libertà della rete. Sfida obiettivamente ardua, che tuttavia occorrerà accettare in ragione della enorme rilevanza, ormai palesemente rivestita, dalle piattaforme on line nella vita di tutti noi.