In questi giorni in cui l’aggettivo che più si attaglia alla politica italiana è probabilmente “indeterminata” è bene iniziare a prestare attenzione a Minniti: il ministro esce dall’ombra e si veste da leader.
Con chiunque addetto al settore si parli, nessuno si sbilancia sui prossimi mesi: si voterà a giugno o la discussione sulla nuova legge elettorale si trascinerà stancamente fino a fine legislatura (o quasi)? avremo i “listoni” multipartito? chi saranno i leader? (o meglio …serviranno ancora dei leader?).
In molti azzardano ipotesi, tutte precedute da “ora come ora può succedere di tutto”.
Come se le incognite non fossero sufficienti, negli ultimi giorni un’ altra si affaccia nel panorama politico; una incognita che ha un nome e un cognome: Marco Minniti.
Chiariamoci, che Minniti fosse un politico sapiente ed un tecnico competente, specialmente per quanto attiene alla gestione degli interni non è certo una novità. In passato ha spesso ricoperto incarichi da Sottosegretario o Vice Ministro, sempre lavorando sulle questioni legate all’intelligence e alla sicurezza, materie di cui aveva la delega come Sottosegretario alla presidenza del consiglio negli ultimi due governi (Letta e Renzi).
La sorpresa però arriva ora che, come Ministro dell’Interno del Governo Gentiloni, conquista una popolarità inaspettata, specialmente per un uomo abituato a lavorare senza apparire molto (obiettivamente fino a pochi mesi fa, ad eccezione di chi segue il mondo politico, in pochi avrebbero saputo rispondere alla domanda su chi fosse Minniti).
Piace molto e, aspetto ancora più sorprendente, piace pur appartenendo ad un Governo nato un po’ in sordina, per molti a scadenza breve come uno Yogurt e che difficilmente scalda i cuori degli italiani.
Piace perché da sinistra parla di sicurezza sdoganando il fatto che il tema sia necessariamente un tema di destra, tanto che fin dai primissimi giorni da Ministro, a seguito dell’uccisione dell’attentatore di Berlino in Italia, pur non avendo concretamente ancora portato alcuna modifica significativa al ministero, fu accolto da commenti positivi da esponenti di entrambe le estrazioni. In un momento in cui è difficile creare consenso su politica e politici, un personaggio che piace si dimostrerebbe particolarmente utile in campagna elettorale.
Non è secondario un aspetto: con l’attuale legge elettorale (quella derivante dalle sentenze della Corte costituzionale), non è affatto escluso (ed anzi è probabile) che il presidente del Consiglio debba essere concordato in parlamento il giorno dopo le elezioni (scordarsi nomi dei leader sui simboli e incarico dato quasi automaticamente al “capo” del primo partito di coalizione).
In questo scenario un personaggio come Minniti ha un peso ed un appeal non indifferenti: è di sinistra ma tratta le questioni di sicurezza con un linguaggio differente da quello dello stereotipo progressista; ha lavorato con Prodi, Letta, Renzi e nasce come strettissimo collaboratore di D’Alema, aspetto che potrebbe rivelarsi particolarmente significativo qualora la più volte minacciata scissione del PD avvenisse realmente (ma anche semplicemente per garantire i voti in parlamento di quella corrente).
Insomma prove non ce ne sono, ma indizi direi di si, ed iniziano ad essere molti. L’ultimo in ordine di tempo è il discorso che il Ministro ha tenuto domenica scorsa a Rimini, in occasione della assemblea degli amministratori locali del PD: Minniti ha parlato da leader, alternando aspetti tecnici a citazioni politiche di largo respiro e suscitando una standing ovation da parte dei sindaci presenti. La cosa non è sfuggita, non senza un certo stupore, a molti giornalisti ed esponenti di partito presenti.
Di certo non sarà sfuggita nemmeno a Renzi che aveva scelto proprio la convention riminese per tornare a parlare e dettare la linea politica.
In definitiva, si trattasse di NFL (National Football League) terrei d’occhio Minniti per i play off (e per il super bowl).
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