PERCHE’ 30 GRADI IN SCANDINAVIA NON E’ SOLO PARLARE DEL TEMPO

DI ALBERTO EVANGELISTI

Da che mondo e mondo “parlare del tempo” è uno dei modi certificati per scambiare quattro chiacchere non impegnative e di scarso interesse.

Questo è di massima vero, salvo quando si verificano situazioni particolarmente significative. L’ondata di caldo che sta affliggendo la Scandinavia in questi giorni è una di queste, con aspetti che, dalla semplice curiosità, sfociano nella preoccupazione.

La notizia è semplice: in questi giorni in Scandinavia è stata registrata una ondata anomala di caldo, con temperature stabilmente sopra i 30 gradi e picchi intorno ai 35.

Per rendersi conto della stranezza della cosa, si pensi che i valori raggiunti si attestano 10-15 gradi sopra i livelli medi usuali per questa stagione e che anche a Nord della linea del Circolo polare le temperature registrate superano i 30 gradi.

Ad aumentare gli effetti dell’anomala ondata di calore, va segnalato un concomitante calo delle precipitazioni, quantizzate in un valore sette volte inferiore alla media stagionale, tale da rendere questa estate la meno piovosa dell’ultimo secolo.

La questione suscita particolare interesse per almeno due ordini di motivi:

In primo luogo destano preoccupazione gli effetti immediati: i Paesi scandinavi usualmente devono fronteggiare il problema opposto, motivo per cui, se un inverno particolarmente rigido troverebbe preparate istituzioni e popolazioni, altrettanto non vale per l’anomalia attuale.

Si potrebbe in fondo pensare che temperature fra i 30 e i 35 gradi non siano poi così difficili da sopportare, in fondo alle nostre latitudini sono tutto sommato usuali in estate. Va però considerato che in Scandinavia, tanto per fare esempi pratici, non c’è una diffusione capillare di impianti di condizionamento (con conseguenti malori dovuti a colpi di calore nelle fasce più deboli della popolazione come bambini ed anziani), né una predisposizione adeguata per contrastare fenomeni come gli incendi boschivi, fenomeno da cui fino ad oggi l’ambiente artico pareva pressoché immune grazie alla netta prevalenza di climi freschi ed umidi.

In conseguenza dell’anomalia attuale invece, fino alla scorsa settimana, erano stati registrati più di 60 incendi (di cui oltre 40 nella sola Svezia), così che le autorità locali hanno dovuto richiedere un intervento straordinario dell’ UE, che ha provveduto ad inviare uomini e mezzi ad integrazione dei dispositivi nazionali (a cui ha partecipato anche l’Italia con l’invio in area di un Canadair).

Il secondo aspetto d’interesse, riguarda invece le considerazioni che dalla ondata di calore possono essere dedotte sul piano climatico mondiale.

Una spiegazione, basata sugli esiti di uno studio effettuato dall’Università di Washington, collegherebbe il fenomeno verificatosi in questi giorni nell’area scandinava con il rallentamento della circolazione atlantica meridionale, che trasporta l’acqua calda dei Tropici verso Groenlandia e Scandinavia e l’acqua fredda del nord Europa verso sud. Il ridimensionamento degli effetti della così detta “Corrente del Golfo” sarebbe infatti causa indiretta dell’aumento del famigerato effetto serra, riconosciuto come una delle cause del surriscaldamento globale.

Il prolungarsi di questa anomalia climatica, fatta di temperature alte e scarse precipitazioni in prossimità dell’area polare, preoccupa gli esperti anche per l’effetto sui ghiacci, il cui eccessivo scioglimento è attentamente monitorato.

Già nel 2013, due studi appena pubblicati su “Science”a firma di Sukyoung Lee e Steven B. Feldstein del Dipartimento di Meteorologia della Pennsylvania State University, veniva evidenziato come gli schemi di circolazione verticale delle masse d’acqua nell’Oceano Antartico avessero subito una variazione a causa del buco nello strato di ozono atmosferico sopra l’Antartide, arrivando alla conclusione che il fenomeno potrebbe avere un notevole impatto sulla quantità di anidride carbonica in atmosfera, e di conseguenza anche sul clima mondiale, legando in una relazione causa-effetto la questione artica a quella globale.

L’ingerenza umana nei cambiamenti climatici è da diversi anni oggetto di studio, tanto da aver portato, nel 2015, alla sottoscrizione di uno storico accordo da parte di 195 nazioni, finalizzato ad un impegno globale per azioni specifiche a difesa del clima.

Recentemente ha fatto notizia la decisione dell’amministrazione Trump di recedere da tale accordo, ponendo di fatto gli Stati Uniti nel ristrettissimo giro di Nazioni fuori dall’intesa (assieme a Siria e Nicaragua) e suscitando dichiarazioni unanime di critica e rammarico per la decisione presa.